Ricerca Spirituale

Il Sonno

Il pensiero metaforico quindi funge da enzima digestivo.
Non tutto ciò che mangiamo viene però assimilato, o perché inutile o perché l’organismo non ha gli strumenti per assimilarlo. Può essere quindi espulso attraverso le feci (ricordiamoci però che le feci, in natura, non sono uno scarto che semplicemente scompare, ma ritornano nel ciclo della trasformazione della materia), oppure rimanere nell’organismo come scoria per un tempo anche prolungato, risultando potenzialmente dannoso a lungo termine.
Seguendo la metafora che ci ha portati fin qui, quindi, se l’attività onirica è la digestione, i sogni possono essere ciò che non viene digerito. Non viene digerito perché non si dispone degli strumenti cognitivi adatti a fare dell’esperienza un insegnamento permanente, che diventerebbe parte integrante della personalità e dell’essenza dell’individuo.
Quegli input che necessitano di una ulteriore rielaborazione vengono quindi rimessi “in circolo” nella razionalità sottoforma di ricordo cosciente, affinché vengano sottoposti nuovamente al processo di elaborazione, assimilazione, e via dicendo.
L’analogia coi ruminanti è perfettamente calzante.
E’ bene ricordare che quelli che noi chiamiamo sogni sono in verità il ricordo razionalizzato di una parte del prodotto dell’attività onirica. Non sarebbe corretto comunque considerare i sogni come un prodotto di scarto. Se l’attività onirica si esaurisse con il “rigurgito” di materiale non assimilabile, il risultato sarebbe costituito unicamente da sogni caratterizzati da ansietà, senso di pericolo, in generale emozioni negative.
Da questa osservazione si può evincere come l’esperienza onirica abbia in sé una finalità molto elevata, vale a dire il suo intervento non si limita a rifiutare ciò che non riesce a digerire, ma questa operazione di rigurgito è inscritta in una più ampia attività riequilibrante che coinvolge il mondo interiore del sognatore nella sua totalità.
E’ bene spendere due parole sulla totalità dell’individuo, alla quale in genere viene sovrapposta l’identità cosciente e razionale: tale approssimazione è uno sbaglio clamoroso, è anzi questa identificazione con una porzione del sé che determina ciò che viene chiamato inconscio e tutte le attività ad esso collegate, compresa quella onirica. L’inconscio è quell’ampia percentuale del mondo individuale che in base al bisogno di conformità con un qualche modello sociale, educativo, morale, e via dicendo, non può essere inscritta nell’ambito del “quello che io sono”.
Fin da quando nasciamo e cresciamo, il mondo ci abitua a dare per scontate troppe cose, ci abitua a farci poche domande, a prendere per ovvie le cose che ci trasmettono i nostri genitori e la società in generale. Vuoi per una errata educazione, vuoi per la tendenza a conformarsi con la società, finiamo spesso col costruirci una personalità fittizia, una struttura artificiosa senza la quale ci sentiremmo nudi e tremendamente vulnerabili, e per difendere la quale riusciamo a fare del male a noi stessi e agli altri. Di conseguenza la crescita interiore, la maturazione, la ricerca della felicità, lo scopo della vita vengono più o meno eclissati da questi capricci involutivi, ed esiliati fuori dalle recinzioni della coscienza, dove però continuano a farsi sentire..
Dall’Inconscio provengono bisogni, desideri, emozioni, intuizioni, creatività, potenzialità che nell’infanzia avevano libero sfogo, e che sono state via via inibite durante la crescita con l’affermazione di un’identità, perché non ritenute conformi ad essa.
Sogni “belli” e sogni “brutti”, insomma, sono entrambi il risultato di un intento comunicativo da parte di quella porzione del sé che l’individuo ha escluso dalla propria identità.
Le esperienze positive come quelle negative incidono, a livello emozionale soprattutto, sulla totalità dell’individuo, mentre egli tendenzialmente le elabora solo in funzione della propria identità cosciente cioè razionale.
Il Dali Lama dice: “Dormire è la migliore meditazione”.
 
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